75 anni dopo la tragedia del Grande Torino

C’è qualcosa di unico nella grande storia del Torino F.C. Unico come l’incolmabile vuoto tra passato e presente, tra poesia, cultura, storia, grandi vittorie di uomini del pallone, trofei che dimostrano le capacità di una squadra invincibile e la pochezza di ciò che resta nel presente privo di tutto ciò che è stato. Stride ogni paragone e ci si chiede come sia possibile che almeno nell’orgoglio il Toro di adesso indossi maglie così gloriose, senza cadere nell’abisso dell’anonimato provinciale.E così esistono due Torino F.C. – quello storico, riguardante il Grande Torino – e quello che si identifica nel pallone di una sterile mediocrità che quasi offende per irriverenza al passato. Un discorso che ci porterebbe troppo lontano nel tempo e non farebbe altro che immalinconire, piuttosto che onorare gli Invincibili miti del Grande Torino.      

Se ne parla da 75 anni e da altrettanti lustri si scrivono articoli, poesie, racconti e testi romantici che hanno riempito la vetrina di quell’immensa letteratura granata che andrà oltre il tempo. Sembra di tuffarsi sempre nel mare della retorica, ma la tragedia del Grande Torino appartiene a quella parte della storia d’Italia che, sullo sfondo dei fasti calcistici del mito degli Invincibili diventati Leggenda, ci narra anche la ripresa del nostro Paese a seguito del periodo bellico. Una storia unica, un qualcosa che va oltre il minimalismo dettato dalla tecnica calcistica di quel tempo che rese impossibile l’imitazione delle squadre avversarie. E ancora oggi, a distanza di 75 anni, nel pomeriggio del 4 maggio 2024 si ripercorre l’ora della tragedia salendo là, su quel colle che fu testimone della distruzione di quell’aereo che riportava a casa da Lisbona la squadra del Grande Torino assieme ai tecnici e ai giornalisti: è Superga. Sì proprio accanto a quel muro della Basilica di Superga in cui si schiantò l’aereo, tutti gli anni il capitano del Torino legge uno ad uno i nomi dei caduti alle 17,03 minuti. La messa, la preghiera, il raccoglimento, sono poi un motivo per riflettere, unirsi e magari fare spuntare una lacrima di tristezza per quello che avrebbe potuto essere e non è stato. E’ la storia del Toro che s’infiltra nell’anima e non si dà pace al pensiero che ancora oggi, dopo tutti questi anni, il Torino (tranne l’unico scudetto conquistato nel 75’ 76’) non abbia saputo dare corso ai tanti titoli conquistati da capitan Mazzola e compagni. Così, oggi, il Toro si è quasi ritagliato un angolo suo, una sorta di ovattata immagine riflessa sulle sue storiche maglie granata che, tuttavia, non riescono mai ad aggiornare quel glorioso cammino dei campioni. Quasi fosse un destino ordinato dal fato, un qualcosa che ti dica di non vincere più per non distrarre la gloriosa storia degli allori raggiunti in passato. E allora, quando parliamo di Torino e della squadra di calcio di oggi, ci si fa sempre giustamente vanto del 4 maggio come giorno dell’orgoglio, della memoria, della riflessione su una storia che non ha eguali.

Così si esprime la Prof.ssa Maria Lizzio ex cattedra di materie umanistiche al Liceo di Spadafora (Me) a proposito della commemorazione del Grande Torino: “Incredibile come, da un lato, si possa sparire in un attimo, dall’altro, restare per sempre. Solo l’uomo ha questa particolarissima facoltà di “raggirare” la morte e il suo silenzio, spinto dal suo insopprimibile anelito all’eternità”.

E’ poesia, è lirica, è la sintesi di una narrazione ispirata in versi dettati dal cuore, dalla memoria, dal sentimento; proprio com’è e cos’è oggi il Torino. E ancora oggi i nomi di Valerio Bacigalupo, Aldo e Dino Ballarin, Emile Bongiorni, Eusebio Castigliano, Rubens Fadini, Guglielmo Gabetto, Ruggero Grava, Giuseppe Grezar, Ezio Loik, Virgilio Maroso, Danilo Martelli, Valentino Mazzola, Romeo Menti, Piero Operto, Franco Ossola, Mario Rigamonti, Julius Schubert, Ernest Egri Erbstein e tutti i componenti di quell’equipaggio, riecheggiano sopra il cielo di Superga tra nuvole minacciose e maligne. Proprio come quel giorno, proprio come quell’ineluttabile destino. Questo è il Torino, questa è la sua grande storia, questo è quell’angolo d’Italia del dopoguerra in cui ci si risollevava a fatica dalle ceneri. Tutto questo è il 4 maggio 1949, una eredità che i giovani hanno il dovere di portare avanti con determinazione, con orgoglio, come qualcosa che entra nell’anima e non si può spiegare, nonostante l’amarezza di dovere vedere vincere sempre gli altri . Sì, perché il Grande Torino è il simbolo eclatante di ciò che va oltre il semplice disquisire le varie fedi calcistiche. Il Grande Torino è il calcio che raccoglie tutti.

Salvino Cavallaro

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